Fare l’extraterrestre: un esercizio di avvicinamento
Quante volte pensiamo di essere dei fottuti geni di perspicacia? E crediamo di comprendere subito e alla perfezione quanto gli altri ci stanno comunicando? Troppe, ahinoi.
Quante volte pensiamo di essere dei fottuti geni di perspicacia? E crediamo di comprendere subito e alla perfezione quanto gli altri ci stanno comunicando? Troppe, ahinoi.
Vi ricordate della piuma di Maat? Ecco, se pesassimo il nostro giudizio su fatti, cose e persone, sarebbe un vero e proprio macigno. Schiacciante e, soprattutto, squilibrato.
Sto bene, grazie. Sto male, accidenti. Sto così così, pazienza. Ma che aspetto hanno il nostro stare bene, male o così così? E se le emozioni prendessero finalmente corpo?
Quante volte ci hanno detto che stavamo dando i numeri? Ahahah. E se lo facessimo davvero, così da farci conoscere meglio dal nostro interlocutore?
Quante volte siamo stati come l’elefante in cristalleria? E ci siamo comportati in modo poco delicato nei confronti di un’altra persona? Bene, è ora di prendere carta da disegno e matita.
Accidenti. L’altro non la pensa quasi mai come noi. Chissà da dove gli escano certe affermazioni. E da dove gli venga tanta certezza. E se riuscissimo a vedere le cose con i suoi occhi?
La responsabilità morale di essere per l’Altro, e non semplicemente con l’Altro, inizia da noi stessi. Proprio così. Essere per l’Altro ci chiama in causa più di quanto immaginiamo.
La vita è una palestra superattrezzata. Dove possiamo allenare il corpo, ma anche il carattere. E il primo, a comprendere che le virtù morali possono essere acquisite con la pratica, è stato Aristotele. Un personal trainer d’eccezione, vero?