Spiegare le motivazioni altrui: un esercizio di empatia

Spiegare le motivazioni altrui: un esercizio di empatia

Accidenti. L’altro non la pensa quasi mai come noi. Chissà da dove gli escano certe affermazioni. E da dove gli venga tanta certezza. E se riuscissimo a vedere le cose con i suoi occhi?

Le persone dovrebbero sempre avere la nostra stessa opinione, giusto? E, invece, anche solo per una pennellata, si ostinano a dipingere il mondo con la loro testa e sensibilità. Spesso, non è neanche una pennellata: confezionano proprio un quadro della realtà che ci è del tutto estraneo. E questa discordanza ci fa un po’ arrabbiare.

Eppure, comunicare bene vuol dire imparare a conoscere le motivazioni dell’altro, anche e soprattutto se divergono dalle nostre. Dissentire è altamente formativo, perché ci costringe ad approfondire il nostro pensiero e ad accogliere quello dell’altro (1). E bisticciare può essere una bella esperienza, che avviene senza spargimento di sangue (2).

Saper dissentire significa cercare un accordo tra posizioni divergenti che vanno tutelate nella loro diversità. Come farlo? Praticando l’empatia in tutte le nostre relazioni, comprese quelle digitali (3). Proprio ciò che suggerisce il nostro secondo esercizio di etica della comunicazione (qui trovate il primo).

Esercizio: spiegare le motivazioni altrui

L’idea di questo esercizio mi è venuta dall’abitudine che avevo, da bambina, di scrivermi lettere al posto di qualcun altro. Una volta mi sono messa in guardia, come fossi stata Biancaneve, dall’accettare mele dagli sconosciuti. Semmai caramelle, ma non mele.

Un’altra volta, dopo una monelleria, ho fatto finta di essere la mia nonna e mi sono scritta due righe particolarmente aguzze che non lasciavano spazio a scuse. Nel farlo, ricordo che ho riflettuto su come doveva considerare le cose lei, e non io. Utilissimo.

Ecco, punto per punto, cosa vi serve per poter svolgere l’esercizio.

  • Chi: voi (e chi, sennò?).
  • Cosa: carta e penna; volendo, anche la tastiera di uno smartphone, un tablet o un pc, ma l’esercizio potrebbe rivelarsi meno efficace.
  • Quando: ogni volta in cui non riuscite a capire perché (ecchecacchio) l’altro non la pensi come voi.
  • Dove: in un posto in cui possiate stare tranquilli e non essere disturbati da anima viva (né morta).
  • Quanto: il tempo che serve.
  • Come: con piena capacità di immedesimazione.
  • Perché: per conoscere e spiegare a voi stessi le buone ragioni dell’altro.

L’effetto è quello dell’attore che interpreta un ruolo: subito, vi sembrerà impossibile vestire un’altra personalità, ma poi, una volta indossata, comincerete piano piano a capirne i perché e i percome.

In che modo praticarlo?

Quando siete in disaccordo con l’opinione di qualcuno, isolatevi e prendete un foglio bianco e una biro. È meglio votarsi alla cara, mai traditrice scrittura manuale. Non importa, se avete la calligrafia di un unno e notate zampe di gallina sulla carta e non solo ai lati degli occhi. Digitare su una tastiera, infatti, velocizza l’esercizio, ma toglie un po’ di respiro alla vostra riflessione.

Prima di mettervi a scrivere, immaginate di essere l’altra persona, quella con cui siete in disaccordo. Fate mente locale sul suo modo di osservare il mondo, per quanto astruso possa sembrarvi. Cercate proprio di assumere il suo sguardo, modificando la vostra prospettiva.

Ora che siete ufficialmente l’altro, scrivete le motivazioni che vi portano a sostenere quel che sostenete. Perché, dal vostro punto di vista, che è poi quello dell’altro, è giusto pensare, fare o dire quella determinata cosa? Perché valutate il punto di vista dell’altro, che è poi il vostro, in modo negativo e non lo approvate?

Se sarete sufficientemente elastici da entrare nel personaggio e andrete a ricercare in profondità le sue motivazioni, forse accadrà un miracolo: capirete che, se foste al posto dell’altro, avreste la sua stessa opinione! Non è fantastico?

C’è qualcosa da imparare?

È un esercizio molto generoso. Ci permette, infatti, di realizzare che la realtà è ben più ampia e sconosciuta di quanto crediamo. E che, a seconda dell’inquadratura che scegliamo, ne individueremo alcuni aspetti e non altri.

Insomma: la verità non è l’orizzonte, ma ciò che vive all’interno del nostro piccolo campo visivo. Come ha scritto il poeta Rumi, il Dante dei persiani, la verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio e andato in mille frantumi. Ognuno di noi ne ha raccolto un frammento e ha creduto di intravedere, lì racchiusa, la verità.

Fate la prova. Basta passare da un telaio minimale a uno barocco, per leggere la stessa porzione di realtà in modo completamente nuovo. Lo stile della cornice modifica sempre la percezione del dipinto.

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

(1) Bruno Mastroianni, La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico, Franco Cesati Editore, Firenze, 2017.

(2) Bruno Mastroianni, Litigando si impara. Disinnescare l’odio online con la disputa felice, Franco Cesati Editore, Firenze, 2020.

(3) Assunta Corbo, Empatia digitale. Le parole sono di tutti, il contenuto è tuo, Do it human, Milano, 2020.

Crediti fotografici

Foto di Ryan McGuire da Pixabay.