Fare l’inventario in cristalleria: un esercizio di cura

Quante volte siamo stati come l’elefante in cristalleria? E ci siamo comportati in modo poco delicato nei confronti di un’altra persona? Bene, è ora di prendere carta da disegno e matita.
«Essere come un elefante in una cristalleria» è un modo di dire diffuso in molte lingue. In inglese, l’espressione suona così: «to be like a bull in a China shop». In francese: «être comme un éléphant dans un magasin de porcelaine». Il senso è sempre lo stesso: essere goffi, non tanto in senso fisico quanto spirituale.
Che l’elefante sia impacciato, a causa delle sue proporzioni, è evidente. Ma, fin dall’antichità, la sua mancanza di disinvoltura è stata associata all’insensibilità morale. La locuzione greca «Non differisci in nulla da un elefante», tradotta in latino da Erasmo con «Nihil ab elephante differs», fa proprio riferimento a una persona insensibile. Anche Plauto, quando dice che qualcuno ha la pelle di un elefante, lo fa per alludere a una carenza di partecipazione e di attenzione verso gli altri (1).
Ora, perché un elefante debba starsene in una cristalleria o in un negozio di porcellane, anziché nelle savane sub-sahariane o nelle giungle dell’Asia meridionale, non ci è dato sapere. Ma possiamo prenderlo, come utile spunto, per il nostro terzo esercizio di etica della comunicazione (qui trovate il secondo). Sapete perché? Perché, quando comunichiamo, ci capita spesso, anche senza volere, di mancare di garbo o di discrezione e di compiere movimenti comunicativi bruschi nei confronti dell’altro.
Esercizio: fare l’inventario in cristalleria
L’idea di questo esercizio mi è venuta dalla recente lettura di un testo di Giovanni Grandi, docente di filosofia morale all’università degli studi di Trieste, che mette a fuoco come l’etica non sia solo una questione di scelte e di gesti, ma anche – e soprattutto – di sensibilità (2).
Ecco, punto per punto, cosa vi serve per poter svolgere l’esercizio.
- Chi: voi (che, in questo caso, siete l’elefante).
- Cosa: un foglio di carta da disegno e una matita.
- Quando: ogni volta in cui desiderate capire che cosa sta a cuore al vostro interlocutore.
- Dove: in un posto in cui possiate riflettere con calma, senza l’assillo di persone, animali o alieni che richiamano la vostra attenzione.
- Quanto: il tempo che serve, e spesso è una vita intera.
- Come: con attenzione e precisione.
- Perché: per individuare le “cose” di valore e fragili dell’altra persona e imparare a non mandarle in frantumi.
L’effetto è positivo perché vi fa sentire più partecipi affettivamente all’universo dell’altro.
In che modo praticarlo?
Iniziate con una persona che vi sembra di conoscere bene. Un familiare, per esempio. Cosa c’è nel suo negozio di cristalli? A cosa tiene così tanto? Quali sono i suoi oggetti preziosi? E, con “oggetti”, non intendo solo cose materiali, ma anche idee, valori, esperienze, ricordi, aspirazioni, bisogni, affetti…
Prendete un foglio da disegno (meglio se di formato A3) e una matita. Segnate, con un puntino, dove si trova l’altro e, poi, sistemate tutti gli oggetti preziosi che stanno nella sua cristalleria. Collocateli a maggiore o minore distanza da lui – in base al grado di importanza che, secondo voi, possono rivestire per il diretto interessato – e indicate di che cosa si tratta. Potete associare a ciascuno di questi oggetti preziosi un disegno specifico e, in seguito, inserire una legenda.
Dopo aver finito l’inventario, osservate con attenzione il disegno. Di fronte a voi, ha preso forma l’universo dell’altro, la sfera personale e delicatissima di quanto gli sta più a cuore. E forse ora capite perché, quando affrontate un certo argomento in un determinato modo, l’altro si ritrae o si arrabbia o si intristisce…
Naturalmente, con il passare del tempo, qualcuno di questi oggetti preziosi potrebbe sparire per lasciar posto a nuovi oggetti o acquisire più pregio. Pertanto, è un inventario che potrete conservare e aggiornare di volta in volta, quando vi sembrerà che il negozio di cristalli dell’altro sia mutato.
C’è qualcosa da imparare?
L’insegnamento di questo esercizio è un invito, non una certezza. È offrirvi la capacità di muovervi dentro la cristalleria dell’interlocutore con grande circospezione e rispetto, in punta di piedi, senza ridurre in briciole ciò che per lui è importante e insostituibile.
Può darsi che ciò vi costringa a una bella gincana comunicativa, a volte a tripli salti mortali carpiati, ma ciò vi permetterà di non causare all’altro un’inutile sofferenza. E, anche, di riparare gli oggetti preziosi che gli avete già frantumato, magari con disattenzioni, superficialità, offese o ostilità di vario genere.
Sapere quali “cose” contano per l’altro dovrebbe consentirci di non disprezzarle, calpestarle e romperle. Né deliberatamente né accidentalmente. Non vi va di diventare degli elefanti raffinatissimi che volteggiano con grazia nel mondo affettivo dell’altro?
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
(1) Renzo Tosi (a cura di), Dizionario delle sentenze latine e greche, Bur, Milano, 2017.
(2) Giovanni Grandi, Scusi per la pianta. Nove lezioni di etica pubblica, Utet, Milano, 2021.
Crediti fotografici