Riequilibrare il giudizio: un esercizio di equità

Riequilibrare il giudizio: un esercizio di equità

Vi ricordate della piuma di Maat? Ecco, se pesassimo il nostro giudizio su fatti, cose e persone, sarebbe un vero e proprio macigno. Schiacciante e, soprattutto, squilibrato.

Nell’Antico Egitto si credeva che, al momento della morte, il cuore di ogni defunto venisse messo su uno dei piatti della bilancia custodita dal dio Anubi. Sull’altro piatto, veniva posta la leggera piuma di Maat, la dea della giu­stizia, dell’equilibrio, dell’armonia. «Se il cuore, ritenuto la sede dell’anima, era più leggero della piuma, significava che il defunto aveva condotto una vita moralmente irreprensibile e si avviava, dunque, verso l’immortalità; se era più pesante della piuma, invece, il trapassato veniva divorato dalla mostruosa Ammit e per lui erano cacchi amari» (1).

Eccoci al nostro sesto esercizio di etica della comunicazione (qui trovate il quinto). Obiettivo: imparare a riequilibrare i giudizi che gli altri esprimono per giungere a mettere in equilibrio i loro, ma anche i nostri.

Adotta la bilancia del buon comunicatore

L’idea di questo esercizio mi è venuta in mente qualche giorno fa, ripensando a Gianluca, un mio caro amico degli anni dell’università. Lui era straordinario, perché applicava questo esercizio spontaneamente con chiunque e ogni qualvolta gli si presentava l’occasione.

Ecco, punto per punto, cosa vi serve.

  • Chi: voi e un interlocutore (anche più di uno; di solito, quando aumenta il numero dei parlanti, l’efficacia dell’esercizio è maggiore).
  • Cosa: la volontà di riportare il giudizio espresso dall’altro verso un punto di bilanciamento.
  • Quando: ogni volta in cui desiderate far comprendere all’altra persona che la realtà è un’entità intera, con aspetti sia positivi che negativi.
  • Dove: in un posto (fisico, ma anche digitale) in cui possiate conversare di qualsiasi argomento.
  • Quanto: il tempo che serve per far sì che nella mente del vostro interlocutore si stagli un giudizio uguale e contrario a quello che ha manifestato.
  • Come: sforzandosi di considerare fatti, cose e persone con ampiezza, mettendo sul piatto della bilancia quanto manca a un’equa valutazione dell’oggetto di discussione, ma sempre con leggerezza, come se si trattasse di un gioco.
  • Perché: per andare verso una maggiore equità comunicativa e sfavorire la tendenza alla polarizzazione delle opinioni.

L’effetto è positivo e anche divertente, perché dovrete cercare in tutti i modi di incarnare il simbolo del Tao: nel campo bianco, indicherete una briciola nera e, nel nero, illuminerete una piccola area di bianco.

In che modo praticare l’esercizio?

Utilizzare la bilancia del buon comunicatore è molto semplice: ogni volta in cui una persona esprime una valutazione negativa, ma anche positiva, nei confronti di qualcuno o di qualcosa, voi dovete intervenire per riequilibrare l’opinione espressa.

Facciamo un esempio. La persona con cui state conversando se ne esce con un commento non tanto lusinghiero nei confronti di una conoscenza comune, dicendo: «Arturo è davvero un gran egoista! Pensa solo a sé stesso, non aiuta mai nessuno e, anzi, cerca di fregarti».

In questi casi, sempre che Arturo non sia l’ammòre della vita vostra, tendete ad accodarvi al giudizio espresso dall’altro, dico bene? E cercate di rovistare nella mente, a caccia di episodi in cui l’egoista in questione abbia veramente dato il peggio di sé. Di norma, se c’è qualcun altro presente alla discussione, pure lui o lei si mette a snocciolare le malefatte del povero Arturo. E così via, in una pericolosa e progressiva intensificazione di commenti negativi. Alla fine, perfino gli esperimenti del dottor Mengele sono uno scherzo rispetto alla malvagità arturiana.

Cosa fare, dunque? Potete intervenire per mettere in luce gli aspetti positivi di Arturo che, pur pessimo, avrà anche elementi del carattere degni di nota perché giusti, buoni o virtuosi. Per esempio: «Ciò che dici è vero solo in parte: Arturo, infatti, ha sempre mostrato una grande cura nei confronti dei suoi famigliari e questo cozza con l’idea che badi solo a sé stesso…». L’altro controbatterà: «Sì, ma non ha mai in nota chi non fa parte della sua famiglia». E voi: «Pure in questo caso mi sento di dissentire, almeno per quanto ne so: l’estate scorsa, infatti, è successo che ecc. ecc.».

Capito il meccanismo? È quello della signorina Silvani, quando dichiara a Fantozzi: «Calboni era quel che era… ma lui con gli zoccoletti capresi ci faceva sempre la sua figura!». Ecco: niente e nessuno sono mai così cattivi da non avere dei lati moralmente apprezzabili. A voi spetta ripescarli dalla memoria e proporli all’attenzione dei presenti.

Vale anche al contrario

E se il vostro interlocutore inizia a sperticarsi in lodi esagerate nei confronti di qualcuno o qualcosa, evidenziandone solo gli aspetti positivi? Dovete intervenire per riportare la conversazione a un punto di equilibrio. Nulla e nessuno sono talmente buoni da non avere lati migliorabili.

Anche in questo caso, potete prendere la parola: «Ciò che dici è vero solo in parte: al ristorante Da Ciccio Pistolazzi si mangia davvero bene, ma credo che lo chef dovrebbe darsi meno arie da rockstar. Inoltre, gli ingredienti sono di qualità, ma non biologici e certificati. Il mese scorso, sono andato a cena da loro ecc. ecc.». Ancora una volta: osservare le cose nella loro inevitabile dualità è benefico. Si evitano giudizi parziali e inattendibili e, soprattutto, amplificazioni che manipolano la realtà, riducendola a una sola faccia della medaglia.

C’è qualcosa da imparare?

Credo che il principale insegnamento di questo esercizio sia nel contrastare un certo funzionamento del pensiero verticale, favorendo quello laterale. In un suo celebre libro sulla creatività, Edward de Bono osserva che il pensiero logico-matematico tende, nel trattare le informazioni, alla polarizzazione, ossia a spostarsi verso uno dei due estremi di quanto sottopone a elaborazione, anziché mantenere un equilibrio (2).

Il pensiero creativo, invece, non si rintana alle estremità di un pensiero, ma indaga la complessa ricchezza che lo abita, esplorando punti di vista volutamente contrastanti. La contraddittorietà è cercata e approfondita: gli serve proprio per non appiattire il mondo.

Pensate a come sarebbe utile praticare questo esercizio ora. La comunicazione tra i novax e i provax, nella vita quotidiana come sui social, si sta esacerbando parecchio, portando ciascuna fazione a credere che il proprio modo di leggere la questione sia “er mejo fico der bigonzo”. E se valesse la pena conoscere anche gli altri fichi?

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

  • Mariagrazia Villa, Il giornalista digitale è uno stinco di santo. 27 virtù da conoscere per sviluppare un comportamento etico, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2018, pp. 135-136.
  • Edward De Bono, Creatività e pensiero laterale, BUR, Milano, 2018 (la prima edizione, in inglese, è uscita nel 1970).

Crediti fotografici

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