Natura, maestra di vita e di comunicazione

Natura, maestra di vita e di comunicazione

Esporsi allo sguardo della natura aiuta a comunicare meglio. Con noi stessi e con gli altri. A me sembra autoevidente, ma vorrei provare, insieme a voi, a rintracciarne le ragioni.

Amo gli ambienti naturali. Da sempre. Ho una cotta dichiaratissima per la montagna, dai paesini dell’Appennino tosco-emiliano alle maestose Dolomiti. Mi appassiona l’ascendere. Anche con fatica, anche con disperazione. Perché la salita è come una lettera da aprire. E la vetta come il mittente da conoscere.

Sono attratta pure dal mare, ma quello “selvaggio”, senza lettini, ombrelloni e bagnanti urlanti. Mi conquista per il suo misticismo. Perché immergersi è riunire ogni percezione, emozione o pensiero di sé nel fluire di un’unità che ci completa e ci supera. Come recita un antico canto bengalese, ripreso dal guru indiano Paramahansa Yogananda in uno dei suoi Canti Cosmici: «Io sono l’onda, rendimi mar!».

Quel buon uomo di Rousseau

In questa sezione di Amletica, come sapete, raccogliamo pollini per l’etica della comunicazione. E la natura è davvero la materia fecondante di un modo migliore per entrare in relazione con noi e con gli altri esseri viventi.

Storicamente è con il Romanticismo, dunque sul finire del XVIII secolo, che la natura diventa una fonte privilegiata per l’educazione e la crescita dell’individuo.

Jean-Jacques Rousseau è il filosofo che trova negli ambienti naturali, soprattutto se non contaminati dall’uomo (visto già allora come un pasticcione), il luogo in cui una persona può scoprire la propria interiorità e attivare, così, dei sentimenti autentici atti a coltivare delle vere relazioni d’amicizia (1).

Via dalla pazza folla

L’idea che la natura sia un’alleata magnifica per ritrovarsi e, da qui, costruire dei buoni legami con gli altri è anche di un altro grande filosofo, John Stuart Mill, che nell’Ottocento sostiene la necessità che l’uomo civilizzato debba ogni tanto ritagliarsi degli spazi in mezzo alla natura.

Ecco cosa scrive nel suo saggio I principi di economia politica:

Non è bene per l’uomo essere sempre costretto a subire la presenza dei suoi simili. Un mondo nel quale la solitudine sia scomparsa è un ben povero ideale. La solitudine, nel senso di stare spesso soli, è essenziale alla profondità della meditazione e del carattere; e la solitudine alla presenza della bellezza e della grandezza della natura suscita pensieri e aspirazioni che non soltanto hanno valore per l’individuo, ma sono anche necessari per la società (2).

I superpoteri della natura

Che gli animali non umani siano perspicaci, ingegnosi ed espressivi, lo sappiamo. Che l’universo vegetale sia altrettanto dotato di intelligenza e della capacità di comunicare, ce lo ha fatto capire in questi anni il botanico e neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, con le sue ricerche e i suoi libri. Pertanto, la “nazione delle piante” è costituita da presenze vive ed evolute, in grado di fare esperienza del mondo e di risolvere problemi (3).

Dobbiamo, dunque, uscire da una concezione della natura come semplice sfondo su cui si staglia il “brillante” destino dell’uomo, un po’ come i bambini che schifano il contorno per concentrarsi solo sulla cotoletta. E dobbiamo scoraggiare un antropocentrismo che, di fatto, ha impedito agli alberi e agli animali non umani di esprimere il loro punto di vista sul Pianeta.

È proprio dalla considerazione degli ambienti naturali come entità viventi e dotate di una propria indipendenza che possiamo imparare a comunicare bene. Perché esse diventano nostre interlocutrici, non realtà da asservire ai nostri scopi.

A scuola di comunicazione

Se iniziamo a trascorrere più tempo nella natura, che condivide con noi lo spazio della vita, e ascoltiamo con attenzione, rispetto e sollecitudine gli organismi che la abitano, possiamo riconoscere l’alto valore relazionale e morale di questa esperienza. Che ci permette di riflettere su come interagiamo con chi non è noi. E nessuno è noi, sebbene siamo tutti interdipendenti.

Se poi riusciamo a entrare in contatto con l’alterità della natura e a comprenderne la visuale, possiamo intessere un dialogo proficuo. Aprirci alle motivazioni di una quercia o ai fini di una libellula ci spinge a non nutrire sentimenti di dominio, ma a cercare un terreno comune nel quale incontrarci.

Tutti a scuola dalla natura, allora! Non ce lo chiede solo, e a gran voce, l’etica ambientale (4), ma anche quella della comunicazione.

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

  1. Jean-Jacques Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa, tr. it. di P. Bianconi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1992 (la prima edizione del romanzo, in francese, è del 1761).
  2. John Stuart Mill, I principi di economia politica, a cura di B. Fontana, Utet, Torino, 1983, II, p. 1002 ((la prima edizione del saggio, in inglese, è del 1848).
  3. Stefano Mancuso, La nazione delle piante, Laterza, Roma-Bari, 2019.
  4. Piergiorgio Donatelli, “Bioetica, animali e ambienti”, in P. Donatelli, La filosofia e la vita etica, Einaudi, Torino, 2020.

Crediti fotografici

Foto di Muhammad Ridha da Pixabay