Etica animale: noi e gli esseri senzienti non umani

Etica animale: noi e gli esseri senzienti non umani

Ai primi di settembre, ho letto una succosa intervista a Peter Singer. È uno dei filosofi morali più influenti al mondo e vale sempre la pena tenerlo d’occhio.

Il focus delle domande che la Harvard Political Review gli ha rivolto verte sull’etica del vegetarianismo. Il pensatore e saggista australiano, infatti, ha appena pubblicato un volume dall’eloquente titolo-domanda: Why Vegan? (1). E in quel «perché vegano?» c’è tutta l’indagine sulle ragioni e le giustificazioni di una scelta morale, prima ancora che alimentare.

Il sottotitolo è più esplicito, semmai ce ne fosse stato bisogno: «So the only question is: do animals other than men suffer?». Per Singer è davvero l’unica domanda che conta: gli animali diversi dagli uomini soffrono? Che è poi la stessa domanda che attraversava, qualche anno fa, il libro-inchiesta Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? dello scrittore Jonathan Safran Foer (2).

Chi è Peter Singer?

Professore di Bioetica presso il Centro universitario per i valori umani dell’Università di Princeton, Singer è autore di una dozzina di libri, tra cui il celebre Liberazione animale del 1975 (3). Un testo che ha segnato, negli anni Settanta del XX secolo, la presa di coscienza del valore morale di quelli che Darwin aveva definito nostri “fratelli, compagni e schiavi”.

In questo saggio, Singer ha espresso, senza tanti giri di parole com’è nel suo stile, la sua riprovazione verso lo specismo (termine coniato nel 1970 dallo psicologo britannico Richard Ryder), cioè la tendenza ad attribuire uno status morale superiore agli esseri umani rispetto agli altri esseri viventi.

Dalla sua prospettiva filosofica di tipo utilitarista e consequenzialista, l’azione moralmente giusta è quella che minimizza il dolore e massimizza il piacere del maggior numero di esseri senzienti. E, poiché gli animali sono esseri senzienti che, al pari di noi umani, hanno la capacità di soffrire e manifestano la preferenza a non soffrire, non è eticamente accettabile arrecare loro dolore.

Gli interessi degli animali non valgono meno dei nostri

Secondo questo punto di vista, la capacità di provare piacere e dolore fa sì che ogni essere senziente, animali non umani inclusi, possa avere interessi. E l’etica, di conseguenza, deve assumere il principio di una eguale considerazione degli interessi di tutti gli esseri senzienti, perché attribuire più importanza a quelli umani equivarrebbe a un atto di discriminazione verso le altre specie, a un pregiudizio simile al razzismo o al sessismo.

Se un essere soffre, non può esistere alcuna giustificazione morale per rifiutarsi di prendere in considerazione tale sofferenza. Quale che sia la natura dell’essere, il principio di uguaglianza richiede che la sua sofferenza venga valutata quanto l’analoga sofferenza – fintanto che comparazioni approssimative possono essere fatte – di ogni altro essere (4).

Insomma, non possiamo voltarci dall’altra parte. Anzi, dobbiamo farci carico di questa sofferenza per alleviarla. Per Singer, diventare vegani è il passo più concreto ed efficace per non essere complici nell’inflizione di sofferenze agli animali non umani né nella loro uccisione.

I diritti morali vanno estesi in direzione inter-specifica

L’etica animale solleva parecchi problemi, legati peraltro anche alle preoccupazioni di natura ambientale: dagli allevamenti intensivi alla macellazione, dall’industria delle pellicce alla caccia, dalla reclusione negli zoo alla sperimentazione farmaceutica, cosmetica o militare. Cosa fare, quindi?

La posizione radicale di Singer è sostenuta anche da altri filosofi, come Tom Regan. Per questo autore, gli animali non umani che possono essere ritenuti soggetti di una vita intenzionale e cosciente (tipo una mucca, una capra o un maialino, non solo, come ci farebbe piacere pensare, il nostro gatto o il nostro cane) hanno diritti morali fondamentali. Sono il diritto alla vita, a non subire danni e a essere trattati con rispetto (5).

Esiste, ovviamente, anche un orientamento moderato, per il quale gli interessi degli esseri umani devono sempre avere la priorità su quelli delle altre specie (antropocentrismo) e, pertanto, non è possibile una completa abolizione dello sfruttamento animale. Per alcuni filosofi, come Martha Nussbaum, la soluzione migliore sarebbe di iniziare a trattare bene gli animali durante la loro vita e a ucciderli in modo da non causare loro dolore (6).

Quest’ultimo approccio è anche quello sancito dall’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea  del 26 ottobre 2012: nella formulazione e attuazione delle politiche nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, gli Stati membri “tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.

Come parliamo di “loro”

Un riflesso dell’atteggiamento specista che manteniamo nei confronti degli animali è il modo in cui ne parliamo.  Sui social, per esempio, spesso li consideriamo alla stregua di pupazzi. Li reifichiamo, insomma. Diventano «cose» da mostrare o con cui trastullarci. Oppure proiettiamo su di loro i nostri vissuti genitoriali e li vediamo come bambini piccoli. Molto piccoli. Esseri a cui fare ciò che desideriamo o a cui far fare ciò che desiderano per poi riprenderli.

Invece, gli animali sono persone. È lo stesso Singer a sottolinearlo:

Chiamare “persona” un animale può sembrare strano. Questa stranezza, tuttavia, potrebbe non essere altro che un segno dell’abitudine a considerare la nostra specie rigidamente separata dalle altre (7).

L’etica degli animali, dunque, come qualsiasi altra etica applicata, incrocia l’etica della comunicazione. Intercetta, insomma, il discorso che facciamo attorno al mondo. E l’agire comunicativo non è solo uno specchio della realtà con cui abbiamo a che fare, è anche lo scalpellino con cui ogni giorno la scolpiamo.

Se volete leggere l’intervista a Peter Singer e riflettere sulla doverosità morale del vegetarianismo, la trovate qui. Purtroppo, non tradotta in italiano.

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

  1. Peter Singer, Why vegan? So the only question is: do animals other than men suffer?, Penguin Classics, London, 2020.
  2. Jonathan Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?, Guanda, Parma, 2016.
  3. Peter Singer, Liberazione animale, Il Saggiatore, Milano, 2009 (prima edizione: 1975).
  4. Id., p. 24.
  5. Tom Regan, I diritti animali, Garzanti, Milano, 1990 (prima edizione: 1983).
  6. Martha C. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, Il Mulino, Bologna, 2007 (prima edizione: 2006).
  7. Peter Singer, Etica pratica, Liguori, Napoli, 1979 (prima edizione), pp. 98 e s.

Crediti fotografici

Foto di eliza28diamonds da Pixabay.