Rileggere un classico: un esercizio di immaginazione
Chi non ama la fiction, alzi la mano. Bene: mi sembra che nessuno l’abbia alzata. La narrativa è da sempre onnipresente nella cultura mediale. E se svolgesse una funzione etica?
Sono sicura che ci abbiate già pensato: quando leggiamo un romanzo o seguiamo, alla tv, al cinema o a teatro, una storia di immaginazione, ci proiettiamo nella trama e nei caratteri dei personaggi.
L’ultimo romanzo che ho letto è stato Un giorno sì un altro no (Giraldi Editore, Bologna, 2021) dell’amica giornalista Isa Grassano. Non è ancora un classico, ma potrebbe diventarlo, dando oltretutto il via a una vera e propria collezione di libri sulle avventure di Arabella. Ecco: mentre l’inverno scorso mi immergevo nel racconto e me lo gustavo, mi chiedevo che cosa avessi in comune con i protagonisti... Sia nel loro modo di intendere la vita, sia nei comportamenti quotidiani.
In questo momento, per fare un altro esempio, sto seguendo la serie televisiva Outlander, basata sulla saga letteraria di Diana Gabaldon. Narra le avventure di una tostissima viaggiatrice nel tempo, Claire Beauchamp Randall Fraser. La poveretta si ritrova, in ogni episodio, con una gatta da pelare particolarmente odiosa (dal rischio di essere stuprata al finire sul rogo come strega) e riesce, con un mix di grazia, determinazione e sincerità, a uscirne sempre vittoriosa. Ecco: mi capita spesso di chiedermi, nell’arco della giornata, come Claire affronterebbe un consiglio docenti o la scrittura di un articolo…
Veniamo, allora, al nostro undicesimo esercizio di etica della comunicazione (qui trovate il decimo). Obiettivo: ripercorrere un classico che abbiamo amato per utilizzarlo come una palestra morale.
Benvenuti nel laboratorio dell’immaginario
L’idea di questo esercizio mi è venuta, ripensando a quanto scrive il filosofo francese Paul Ricoeur:
nello scambio di esperienze operato dal racconto, le azioni non vanno esenti dall’essere approvate o disapprovate, e gli agenti dall’essere lodati o biasimati […]. Nella cinta irreale della finzione, non facciamo a meno di esplorare nuove maniere di valutare azioni e personaggi. Le esperienze di pensiero che conduciamo nel vasto laboratorio dell’immaginario sono anche indagini condotte nel regno del bene e del male. (1)
Cosa vi serve
È un esercizio simpatico e abbastanza curioso. Ecco quanto vi occorre:
- Chi: voi e un romanzo che vi ha colpito (va bene anche un racconto audiovisivo, tipo un film, una serie tv o uno spettacolo teatrale).
- Cosa: favorire una riflessione sull’agire comunicativo dei personaggi e, dunque, su quanto riteniamo buono oppure no.
- Quando: nel momento in cui desiderate allenare la vostra sensibilità morale.
- Dove: ovunque vi troviate, ma meglio se immersi in una condizione di fertile silenzio.
- Quanto: il tempo che vi occorre per analizzare il prodotto di fiction che avete scelto di utilizzare come attrezzo ginnico per i vostri muscoli morali.
- Come: con carta e penna, ma anche al computer, a seconda di come vi torna meglio.
- Perché: per sapere quali sono i comportamenti comunicativi che apprezzate e quelli che deprecate e le relative ragioni.
L’effetto è piacevole, perché interrogarvi su una storia di fantasia vi regala quel tanto di distanza che rende molto più lucidi, ciarlieri e coraggiosi rispetto allo scodellare sul tavolo la propria vita, dannatamente reale.
In che modo praticare l’esercizio?
È davvero semplice. Prima di tutto, se non ricordate bene i personaggi dell’opera che avete scelto, andate a fare un breve ripasso. Se ne avete la possibilità, rileggete il romanzo. Se è la Recherche di Proust, vi consiglio caldamente di cambiare romanzo e autore, ahahah, perché rischiereste di invecchiare prima di svolgere l’esercizio. Se avete optato per una serie tv, invece, vi suggerisco di non fare binge watching, scorpacciandovi il Trono di spade in tre giorni, ma di passare a una produzione che avete già visto e di cui avete ancora freschi nella memoria tanto i protagonisti quanto gli snodi principali della trama.
A questo punto, prendete due fogli. Dividetene uno in 3 colonne: nella prima, scrivete il nome dei tre personaggi che più vi hanno intrigato; nella seconda, indicate con cinque aggettivi il modo di comunicare di ciascuno di loro; nella terza, stabilite se ritenete questi stili comunicativi buoni oppure no e indicatene con precisione il motivo.
Adesso, prendete il secondo foglio e dividetelo, anch’esso, in tre colonne: nella prima, riportate di nuovo il nome dei tre personaggi indicati nel primo foglio; nella seconda, raccontate, in relazione a ciascun personaggio, un’azione comunicativa in cui vi siete comportati nello stesso modo; nella terza, mettete a fuoco le conseguenze che, nel bene o nel male, quell’azione ha comportato.
Infine, ripromettetevi di prestare molta attenzione a tutto quello che può influire sul vostro agire comunicativo così da favorire quanto ritenete buono e scoraggiare quanto considerate non buono.
C’è qualcosa da imparare?
La filosofa statunitense Martha Nussbaum ha affermato, in suo fortunato volume (2), non solo che la letteratura può aiutare a comprendere la realtà nella quale, come esseri umani, ma anche come cittadini, ci troviamo a vivere e a operare, ma anche che essa contiene un messaggio essenzialmente morale. I romanzi, così come il cinema, ci portano, infatti, a provare determinate emozioni, ad assumere alcuni atteggiamenti mentali piuttosto che altri, ad assimilare o fortificare un punto di vista assiologico sul mondo, anche al di là delle intenzioni degli autori.
Il coinvolgimento emotivo, cognitivo ed estetico che noi fruitori sviluppiamo nei confronti di una narrazione è sempre, e anzitutto, di tipo morale. Se ci pensate, nella maggior parte delle storie di fiction per noi significative, siamo portati ad ammirare o detestare, sostenere o criticare i personaggi e il loro modo di comportarsi. Ogni storia è edificante, nel senso che edifica proprio il nostro modo di stare nell’esistenza. Dunque, anche il nostro modo di comunicare.
Interrogarci, allora, sull’agire comunicativo dei protagonisti della letteratura o di altre forme di racconto audiovisivo è allenarci a individuare il bene e il male. In personaggi di finzione, certo, ma anche in noi che, consciamente o inconsciamente, ne siamo influenzati. Quando leggiamo o guardiamo un film, infatti, che tipo di abitudini acquisiamo o rinforziamo? Quali migliori desideri siamo spinti a coltivare? Come rispondiamo, nelle nostre giornate, alla rappresentazione del bene o del male?
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Paul Ricoeur, Sé come un altro, Jaka Book, Milano, 1990, p. 258.
- Martha C. Nussbaum, Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, Feltrinelli, Milano, 1996 (prima edizione, in inglese, nel 1995).
Crediti fotografici
Foto di MorningbirdPhoto da Pixabay