Notizie e attendibilità: non fidarsi è bene, fidarsi è meglio

Notizie e attendibilità: non fidarsi è bene, fidarsi è meglio

Su cosa costruite una relazione? Sulla fiducia. È il primo mattone. Senza il quale, anche le migliori intenzioni vanno a farsi benedire. E vale per tutti. Anche per i professionisti dell’informazione.

Prima della semina di questo post ho preparato il terreno, parlandovi del giornalismo costruttivo e del perché lo amo. Ora getto i semi della principale virtù che, a mio parere, chiunque comunichi dovrebbe possedere e coltivare: la fiducia del pubblico nei propri confronti (1).

Tutti gli operatori della comunicazione devono essere ritenuti affidabili: dagli influencer ai digital creator, dai social media editor ai grafici, dai copywriter ai fotografi e così via. In particolare, però, devono essere ritenuti credibili i giornalisti e tutti coloro che fanno informazione. Perché, come ha osservato di recente mio marito, sono l’unica chance che la gente ha di conoscere i fatti e di prenderne le misure.

I media e la pandemia

È appena stato pubblicato, dal Reuters Institute for the Study of Journalism dell’università di Oxford, il rapporto annuale sullo stato dell’informazione. Un documento utile per indagare la fiducia che i media sono riusciti a conquistare.

In che modo la pandemia da Covid-19 ha trasformato la news industry nel mondo? È la domanda a cui il report ha provato a rispondere. Per farlo, si è basato su una survey compiuta da YouGov, tra fine gennaio e inizio febbraio 2021, su più di 92mila lettori di notizie online in 46 paesi, tra i quali, per la prima volta, India, Indonesia, Thailandia, Nigeria, Colombia e Perù.

A casa nostra cosa è successo?

Se analizziamo la situazione italiana dal punto di vista della fiducia accordata ai media (offline, online, tv/radio), il dato che emerge è che solo il 40% delle persone intervistate si fida, in generale, delle notizie. Che è dire: in questo momento storico, in cui la pandemia ha aumentato il desiderio di notizie attendibili, il giornalismo in Italia non gode di una gran reputazione. È come se ciò che ne giustifica l’esistenza stesse venendo meno.

Nel caso delle notizie direttamente consumate, il valore sale al 47% che, comunque, rimane una percentuale piuttosto bassina: nemmeno una persona su due si fida di ciò che legge, guarda o ascolta. Se consideriamo, poi, la fiducia nelle notizie trovate tramite i motori di ricerca, il valore scende al 30%. Infine, se parliamo della fiducia nelle notizie ricevute attraverso i social media, slittiamo al 20%.

Polarizzazione? No, grazie

La fiducia, per fortuna, non è come il coraggio per Don Abbondio. Se non ce l’hai, la puoi sempre ottenere. Come? Secondo Alessio Cornia, Research Associate del Reuters Institute, superando il problema dei media italiani, ossia la loro storica mancanza di autonomia rispetto a quelli statunitensi o del nord Europa.

Da noi, purtroppo, chi fa informazione è sempre schierato da una parte o dall’altra (2). Riprendendo la famosa tipologia canina proposta nei primi anni Novanta del Novecento dall’analista politico Larry J. Sabato, il giornalista tricolore è un cagnolino da grembo: scodinzola e fa le feste alla proprietà della testata per cui lavora.

Prendere posizione è sempre un atto ottuso e poco etico, se non si hanno l’apertura mentale e il coraggio di riflettere sulle ragioni della controparte. È naturale che le persone non si fidino di chi propina solo la propria inquadratura della realtà e ammanisce un giornalismo privo di equità. Voi vi fidereste?

Informare bene si può

«Sai cosa? Ai vecchi tempi, tipo dieci minuti fa, facevamo le news bene. E sai come facevamo? Lo avevamo deciso». Lo dice Charlie Skinner, il direttore della divisione news di una rete televisiva americana in una vecchia serie della HBO, firmata da Aaron Sorkin, The Newsroom.

Ecco, basta deciderlo. Come abbiamo fatto noi giornalisti del Constructive Network con News48.it, la prima e, al momento, unica testata italiana di giornalismo costruttivo e delle soluzioni. Perché “decidere” è un verbo magico, sia per chi fa informazione sia per chi la riceve. Vuol dire aver compiuto una riflessione, messo a fuoco delle motivazioni, stabilito obiettivi e delineato un progetto.

Recuperate su Sky la serie che racconta le vicende della redazione di Charlie. E, fuor di fiction, sostenete in tutti i modi chi, sulla fiducia, costruisce la propria relazione con il pubblico. Sono i giornalisti che offrono il modello più istruttivo, contemporaneo e affidabile di informazione. Sono i cani che scendono dal grembo e camminano sulle proprie zampe, diventando grandi. E che, talvolta, abbaiano.

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

  1. Mariagrazia Villa, Il giornalista digitale è uno stinco di santo. 27 virtù da conoscere per sviluppare un comportamento etico, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2018.
  2. Alessandro Barbano, in collaborazione con Vincenzo Sassu, Manuale di giornalismo, Laterza, Roma-Bari, 2012.

Crediti fotografici

Photo by Ludovica Dri on Unsplash.