Moda e immagini parassita: in arrivo una ricerca IUSVE

Pensiamo sempre di essere furbi, vero? E di gestire le immagini che guardiamo. E invece: no. Sono loro a guardare noi e, spesso, a vivere a nostre spese.
Siamo circondati da scrocconcelle sfrontate: le immagini parassita. Loro, sì, che sono furbe! Perché non assomigliano a pidocchi, cimici o pulci: non infastidiscono mai. Anzi: sono così piacevoli che finiamo con l’innamorarcene.
Dell’origine, la storia, il comportamento, l’etica e la diffusione delle immagini parassita, nell’ambito della fashion communication, si è occupata una ricerca universitaria. Si è svolta nel 2019-2020 presso lo IUSVE (è stata finanziata dallo stesso istituto) e, a giugno, sarà raccontata in un libro pubblicato da Tab Edizioni.
Come stanare le immagini parassita? Un’idea può essere quella di ascoltare l’amico e collega Paolo Schianchi. È docente di Visual communication e interaction design e Creatività e problem solving allo IUSVE e ha condotto la ricerca insieme a me e alla ricercatrice junior Jessica Gobbo.
Paolo è un intellettuale sfaccettato e provocatoriamente creativo. Ha pubblicato molti libri da leggere. Tra questi: un insolito manuale sul visual journalism (1), un saggio-romanzo sullo statuto delle immagini in rete (2) e uno dei primi testi critici sulla creatività in epoca post-web (3).
Paolo, cosa apporta di nuovo questa ricerca?
Prima di tutto, ha dimostrato l’esistenza delle immagini parassita, la loro diffusione sempre più capillare e la capacità che hanno di bypassare il nostro senso critico, poiché interagiscono con il pensiero di ogni persona. La ricerca ha, inoltre, individuato i quattro punti chiave su cui si basano: il paradosso del concetto di “nuovo”, il buon gusto come abitudine visiva, l’uso degli immaginari e l’influenza che ha, sui comportamenti, la piacevolezza visiva. Ovvero le componenti delle immagini parassita che, attraverso la fashion communication, hanno spianato la strada alla comunicazione visuale contemporanea, fino a definire un ritrovato perbenismo visivo, sempre più diffuso in Rete.
Se l’etica della comunicazione è riflettere sul nostro agire comunicativo, perché è importante, per un creativo, riflettere sulle immagini parassita?
Dato che si diffondono e riproducono principalmente attraverso il web assumendone le caratteristiche e i principi, è compito di ogni creativo comprenderne tanto le potenzialità quanto i lati oscuri. Questo poiché, essendo le immagini parassita in grado di spostare o, meglio, di influenzare il gusto, le idee, la percezione eccetera di chi le incontra, è anche preciso dovere di un creativo mantenere ben salda la barra dell’etica. Per essere chiari: le immagini non sono mai etiche o non etiche, ma è come le si usa a farle scivolare in uno dei due contenitori. E questo dipende dall’agire dei creativi, delle loro scelte e dai loro comportamenti sia online che offline.
Dal lato destinatari della comunicazione, come aiutarli a essere più consapevoli delle immagini parassita?
Qui si apre un lungo dibattito, in quanto i destinatari della comunicazione visuale per la maggior parte sono degli analfabeti visivi, ovvero non sanno leggere e riconoscere i messaggi presenti in quanto vedono. Per aiutarli, così come con la scolarizzazione di massa si è imparato a comprendere una frase scritta, oggi, in piena cultura visiva, si deve intraprendere lo stesso percorso con le raffigurazioni. Nel caso delle immagini parassita, per identificarle, può essere utile tenere presenti questi tre principi:
- quanto vedi non è mai la realtà;
- se trovi piacevole e di gusto una raffigurazione, allora ha un messaggio da passarti;
- identifica gli immaginari che sta portando a galla nel tuo pensiero.
Perché le immagini sono più ostiche delle parole, da decodificare e comprendere?
Non sono più ostiche, semplicemente le si lascia fluire dentro di noi, in quanto si è meno abituati a interpretarle. A tal proposito, non va mai dimenticato che si guardano molte più immagini rispetto ai testi che si leggono, quindi la cultura visiva o, meglio, la letteratura visuale è alla base di ogni nostro agire, di ogni nostro pensiero, di ogni nostra scelta. Allora, comprenderne le potenzialità divulgative e cosa si celi dietro a ogni nostro sguardo diventa fondamentale per ognuno di noi. È ostico? Certo, come quando all’inizio della scuola elementare si deve imparare a leggere e scrivere, ma poi anche questo ostacolo si supera con facilità e così si può interagire con un lessico sempre più diffuso e utilizzato: quello delle immagini.
Per quale motivo la fashion communication sembra più vittima di immagini parassita?
In realtà, è solo la loro prima vittima e, come tale, le sta diffondendo, contagiando anche altri comparti della comunicazione. A tal proposito, si deve sempre ricordare che le immagini parassita non sono il frutto di una ricerca tesa a destabilizzare il gusto, ma il risultato di una riflessione sull’uso degli immaginari al servizio del marketing. D’altra parte, però, il mondo della moda è anche altamente creativo, quindi mi auguro che, integrandole nel proprio lessico visivo, riesca a trasformarle in una nuova espressività figurativa.
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
(1) Paolo Schianchi, Visual Journalist. L’immagine è la notizia, FrancoAngeli, Milano, 2018.
(2) Paolo Schianchi, Paolo Schianchi non Esiste. Tempo, immagine, identità, verità e parola in rete, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2017.
(3) Paolo Schianchi, Webcreativity. Creatività e visual marketing post-web, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2016.
Crediti fotografici
Toni Frissell, Swim fashion, 1950. Photo: trialsanderrors on VisualHunt.