Il giornalismo costruttivo e la saggezza degli stoici
La migliore eredità della filosofia stoica è stata raccolta dal giornalismo costruttivo. Un lascito confortante, in grado di mantenere ragionevoli e saldi, soprattutto di fronte ai problemi.
Qualche giorno fa, durante una mia lezione di etica della comunicazione all’università, uno studente mi ha ricordato che gli stoici erano tipi particolarmente in gamba. Ha ragione: li erano. Lo conferma il fatto che non si siano estinti con il tramonto del mondo antico, ma abbiano conosciuto una popolarità enorme e trasversale nel corso dei secoli.
Le cose sono in due maniere
La massima fondamentale della scuola stoica, che venne fondata ad Atene intorno al 300 a.C. da Zenone di Cizio, è di una grande semplicità, perché ricca di buon senso, ma non così agevole da mandare a memoria e da applicare nella nostra esistenza. Sostanzialmente, afferma che le cose del mondo sono di due tipi: alcune sono in nostro potere, altre no. Di conseguenza, la persona saggia impara a distinguerle, così da accettare quelle che non sono sotto la sua giurisdizione, senza accanirsi a volerle a tutti i costi cambiare, e si attiva per modificare quelle su cui può intervenire.
È un insegnamento che rende chi lo segue imperturbabile. Lo stoico, infatti, soppesa ogni situazione della vita in base alla grande legge razionale della natura che tutto regola, non secondo i propri gusti o le proprie idiosincrasie. E, con estrema lucidità, in ogni occasione si domanda: è in mio potere mutare quest’evento oppure no? Se la riposta è «no», occorre sopportare l’esperienza, astenersi dalle emozioni – che minano l’equilibrio dell’individuo – e schivare come la peste l’illusione di poter gestire qualcosa che non dipende da se stessi.
Come si legge nel Manuale d’Epitteto, questa postura esistenziale è una sorta di talismano della felicità:
se riterrai tuo proprio solo quel che è tuo, ed estraneo, com’è realmente, quel che è estraneo, nessuno ti costringerà, nessuno ti impedirà, non ti lamenterai di nessuno, non accuserai nessuno, non farai niente controvoglia, non avrai alcun nemico, nessuno ti farà danno, e neppure, in effetti, potrai soffrire alcun danno (1).
Se l’informazione imparasse a discernere
Anche i media dovrebbero far tesoro del testo di Epitteto, grazie al quale i principi originari dello stoicismo sono giunti fino a noi. Ma ottimi anche gli scritti di Seneca e di Marco Aurelio, come fonti di riflessione e ispirazione (2).
Nel raccontare la realtà al proprio pubblico, i professionisti dell’informazione dovrebbero, infatti, discernere ciò che le persone possono cambiare da ciò che non possono cambiare, avere la docilità di sopportare l’irreparabile e la volontà di astenersi dalle passioni, dalle simpatie come dalle antipatie, e dalle prese di posizione che annebbiano sempre la vista del narratore.
Chiediamoci: perché informare su un fatto che, almeno al momento, la gente non ha il potere di cambiare? Perché gettare nell’impotenza, nella frustrazione o nella disperazione le persone? Perché alimentare scontento, rabbia o delusione, se non si riesce a fare nulla di concreto? Il giornalista deve essere un costruttore di cambiamento per la comunità cui si rivolge e, proprio per questo, non può permettersi di farle inseguire illusioni, chimere o pie intenzioni. Lo so: per quelli della mia generazione, che hanno scelto di fare i giornalisti per imitare Superman, è un duro colpo, ma non siamo supereroi né, tantomeno, esseri divini.
L’approccio stoicamente costruttivo
Esiste una forma di giornalismo che, con infinita umiltà, prova a seguire i motti stoici. È il giornalismo costruttivo, promosso in Italia dal Constructive Network e dalla testata indipendente «News48».
Chi pratica questo tipo di giornalismo, infatti, propone un genere di narrazione che riconosce gli argomenti dicibili da quelli che sono per ora indicibili perché senza possibilità di intervento da parte delle persone e sceglie di occuparsi dei primi. Se ci pensate, ciò di cui si può parlare è anche ciò a cui gli esseri umani hanno provato e provano a dare una risposta.
Ecco: il giornalista costruttivo cerca, dopo aver illustrato una situazione e averla adeguatamente contestualizzata, mettendo insieme tutte le tessere del puzzle, di rintracciare e poi raccontare ai lettori le possibili soluzioni finora avanzate. Soluzioni reali e già messe in opera, eh, presentate con dati qualitativi e quantitativi alla mano. Non buoni propositi ancora tutti da realizzare. Non solo: di ogni soluzione, il giornalista costruttivo evidenzia tanto le risorse, quanto i limiti. Per narrare la storia per intero. Con completezza e onestà.
Chi pratica questo tipo di giornalismo sa bene che non tutti gli aspetti di una circostanza problematica possono trovare soluzione e, in questi frangenti, sostiene il peso dell’evenienza e si trattiene dall’esprimere facili emozioni, come la sterile critica o il fastidioso piagnisteo. Stoicamente, individua e approfondisce quanto finora si può modificare da quanto si deve semplicemente accogliere perché originato da una molteplicità di fattori che la comunità non è ancora in grado di governare.
Troviamo più cose da cambiare!
Il giornalismo costruttivo, però, nel suo stoicismo dispone della bacchetta di Ermete. Il caducèo del messaggero alato, costituito da una verga attorno alla quale si attorcigliano due serpenti di sesso opposto che si guardano, è sempre stato un simbolo di pace, prosperità e sapienza, sia presso i Greci che presso i Romani. Era ritenuto una sorta di araldo magico, capace di tramutare in oro ogni cosa.
L’oro che il giornalismo costruttivo porta alla luce è la consapevolezza. Qual è questa conoscenza che potremmo definire «superiore»? È la consapevolezza che ci sono più cose sulle quali possiamo esercitare il nostro potere che cose oltre la nostra portata. E ci sono più problemi con soluzioni che problemi senza soluzioni. E ci sono più soluzioni che funzionano che soluzioni inefficaci.
Che lavoriate o meno nell’ambito dell’informazione, perché non provate a fare almeno una settimana da stoici? (3) Imparerete a dividere le situazioni che potete cambiare perché dipendono da voi da quelle che vi tocca accettare e, soprattutto, a trovare soluzioni per le prime e a mantenervi sereni, se non del tutto scialli, sulle seconde. Non è magnifico?
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Epitteto, Manuale d’Epitteto, a cura di Pierre Hadot, Mondadori, Milano 2007, I, 3.
- Lucio Anneo Seneca, Tutti gli scritti in prosa. Dialoghi, trattati e lettere, a cura di Giovanni reale, Rusconi, Milano, 1994; Marco Aurelio, Pensieri, a cura di Maristella Ceva, Mondadori, Milano 1994.
- Ilaria Gaspari, Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita, Einaudi, Torino 2019.
Crediti fotografici