Francesco Ciampa, il giornalista che fa scalo nelle nostre anime

Per il grande Cartier-Bresson, fotografare era porre mente, occhi e cuore sulla stessa linea di mira. Anche per i giornalisti vale. E Francesco Ciampa ne è un formidabile esempio.
L’ho scelto come tredicesima fiùtola di Amletica, non solo perché lo stimo profondamente per la sua bravura e sensibilità, ma anche perché riesce a impollinare la comunicazione con una forte tensione etica. Come fa? Ci mette l’entusiasmo del sentimento, l’umanità dello sguardo e la concretezza del pensiero. E raggiunge sempre le nostre anime.
Per Francesco Ciampa, fare il giornalista è un modo di vivere, non una professione. Per lui un articolo non è un semplice testo, ma il riconoscimento di un prezioso frammento di vita e del suo più nascosto significato. Un’intervista non è una semplice chiacchierata, ma l’incontro con una persona, il cui riverbero non lo lascia mai più e prosegue in noi. Un’inchiesta non è una semplice ricognizione di fatti o fenomeni, ma la comprensione di un evento e del suo inedito valore per tutta la comunità.
Chi è Francesco
Francesco Ciampa è un giornalista professionista. Dopo aver sperimentato i tanti “colori” della cronaca per diversi giornali della sua regione, la Calabria, si è specializzato in giornalismo e ufficio stampa in ambito sociale e sanitario, scrivendo anche per testate italiane di respiro nazionale.
È entrato a far parte del Constructive Network, la prima rete italiana di professionisti dell’informazione e della comunicazione che lavora in ottica costruttiva, e della redazione di «News48», il primo e, al momento, unico magazine d’Italia dedicato al giornalismo costruttivo e delle soluzioni.
Per imparare a raccontare i temi che gli stanno cari, Francesco ha fatto riferimento soprattutto a un libro (1) e a uno spazio digitale: Parlare civile. Entrambi sono un’iniziativa di «Redattore Sociale», testata che ha fatto la scuola del giornalismo sociale nel nostro Paese, e offrono tanti suggerimenti per un linguaggio e una narrazione lontani per quanto possibile dallo stigma, dal pregiudizio, dalle discriminazioni.
Quando e perché, Francesco, hai deciso che il giornalismo sarebbe stato la tua strada?
L’idea nasce poco dopo la laurea in Scienze politiche a indirizzo politico-sociale. Prima di allora immagino di fare il sociologo; uno scienziato sociale impiegato nella pubblica amministrazione dice, però, che le strade per quel lavoro sono strette; così mi parla di un giornale nato da poco nella mia città, descrivendo il giornalismo come un possibile “osservatorio privilegiato”, più o meno come la sociologia. Il discorso mi convince e immagino il giornalismo come una specie di “sociologia quotidiana” per entrare a contatto con storie e umanità di vario tipo. A quel punto, tramite un giornalista di quella testata, mi propongo al direttore, inizio a fare il cronista e via via placo i dubbi su una professione che avevo sempre guardato con interesse, ma “a distanza”, col timore di non essere all’altezza rispetto a una visione “aggressiva” e limitata del giornalismo.
L’etica della comunicazione è riflettere sul proprio agire comunicativo: quali sono gli obiettivi che ti poni?
Pongo al centro l’utilità sociale di un fatto, di un dato, affinché le persone possano riflettere, comprendere, decidere con consapevolezza, per quanto possibile. Mi chiedo se il mio contenuto è funzionale a queste finalità o se determinati particolari e certe parole vanno oltre il campo dell’informazione, finendo nell’ambito dello spettacolo delle emozioni e del dolore. Tale impostazione mi ha consentito di tenere a bada il mito del giornalismo “aggressivo” di cui parlavo prima; è un “abito professionale” cucito giorno dopo giorno su misura per me; qualcosa di cui prendermi cura con attenzione quotidiana. Un taglio applicato ai vari rami della cronaca e, da ultimo, ai settori per me prevalenti da un po’ di tempo a questa parte, cioè la sanità e il sociale, a contatto con un’ampia gamma di bisogni e fragilità umane.
Sei nel Constructive Network: a tuo parere, il giornalismo costruttivo e delle soluzioni quali prospettive porta all’informazione?
Parto da una premessa. Per me il giornalismo costruttivo guarda ai problemi indicando le azioni concrete per superarli almeno in parte. Mentre il giornalismo delle soluzioni, oltre a indicare quei rimedi, li scandaglia, li sottopone a “radiografia”, ne coglie l’impatto sulla vita delle persone descrivendone funzionamento e limiti. Ciò significa aprire a una narrazione realistica, credibile, andando oltre la rassegnazione, allontanando la logica del “non c’è niente da fare” e del “son tutti gli stessi…”. In questo modo possiamo cogliere diverse sfumature della realtà, frenando per quanto possibile luoghi comuni, pregiudizi, atteggiamenti passivi. Il giornalismo aperto all’operosità e alla creatività può quindi guadagnare fiducia e indebolire l’immagine collettiva di un’informazione spesso cinica e ossessionata dal “marcio”.
Ti occupi di comunicazione sociale. Perché un approccio costruttivo può essere l’ideale, per sensibilizzare o educare il pubblico?
Le mie collaborazioni giornalistiche per diverse testate e la mia attività di ufficio stampa per il sociale mi portano a una conclusione: l’approccio costruttivo può aiutare le persone a trovare o ritrovare stimoli per il fare, per prendere esempio, per modellare sulla propria pelle soluzioni volte al miglioramento della qualità di vita. Inoltre, un approccio di questo tipo è centrale per scaldare il motore della solidarietà: se la comunicazione mette in circolo progetti concreti, se offre dati, se mostra non soltanto l’impatto dei problemi, ma anche gli effetti benefici dei rimedi, sarà più facile rispondere all’appello di organizzazioni che chiedono aiuto per la ricerca, per i diritti, per affrontare la povertà, eccetera.
In base a quali criteri, scegli i temi da trattare, le associazioni da presentare e le persone da intervistare?
In questa fase della mia vita, i criteri di base sono quelli dell’informazione e della comunicazione costruttive e delle soluzioni. Priorità a progetti, idee, storie da cui emerge con chiarezza un impatto di utilità sociale. Cerco di capire se quell’impatto dichiarato è testimoniabile da storie e dati. Prediligo le pratiche in qualche modo replicabili in altri contesti e situazioni. Sulla base di ciò scelgo soprattutto temi innovativi, originali, capaci di offrire nuovi punti di vista. In ogni caso, prima di scegliere cerco di mettermi in ascolto: cerco di capire se sento l’autenticità che mette in luce anche limiti e fragilità, oltre che la sincera voglia di fare e di adattarsi al meglio alle intemperie della vita.
Per conoscerlo meglio…
Vi lascio il link a qualche bell’articolo di Francesco: Dal carcere: l’auto-etnografia come tesi di laurea per riflettere sulla sopravvivenza; Autismo, da Linkaut una rete per l’accoglienza consapevole; Ambulatorio Emergency a Polistena: cure e dignità per i braccianti della Piana.
Per approfondire il suo percorso professionale, potete trovarlo LinkedIn. Lo so, lo so: vi piacerebbe incontrarlo di persona, eh? Beh, non mi stupisco: chi ha amore per gli altri e conosce il tenero, difficile segreto per passare dall’«io» al «noi», ha un fascino incomparabile.
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Redattore Sociale (a cura di), Parlare civile. Comunicare senza discriminare, Bruno Mondadori, Milano, 2013.
Crediti fotografici
Foto Archivio Francesco Ciampa.