Elusione informativa: quando le notizie sono «troppo»
E poi, arriva il momento di staccare la spina. Dalle notizie. Per il timore che siano, per l’ennesima volta, brutte, se non orrende, e ci facciano sentire a disagio. Così le evitiamo.
Basta Covid, basta guerra in Ucraina, basta crisi energetica. A chi non sta venendo la tentazione di smettere di leggere il giornale, consultare una testata online, ascoltare i telegiornali o seguire una stazione radio quando ci sono le breaking news? È come se il nostro interesse per quanto accade attorno a noi si fosse arreso, stremato da troppe negatività. E sul nostro diritto all’informazione sventolasse bandiera bianca.
C’è chi ha studiato il fenomeno
All’elusione informativa, ossia il rifiuto delle notizie, è stato dedicato un interessante studio. Non è recente ma, a causa della delicata situazione internazionale che stiamo vivendo e che i media ci raccontano in tempo reale, i suoi esiti sono oggi ancora attuali e meritevoli di attenzione.
La ricerca, compiuta da un team multidisciplinare, composto da ricercatori dell’Università di Jyvaskyla in Finlandia, dell’Università ebraica di Gerusalemme in Israele e della Northwestern University negli Stati Uniti, si è basata su una serie di interviste in profondità a 488 consumatori di piattaforme d’informazione digitali e analogiche in Finlandia, Argentina, Israele, Giappone e Stati Uniti.
I risultati sono stati descritti in un approfondito articolo di ricerca, dal titolo Taking a Break from News: A Five-nation Study of News Avoidance in the Digital Era, pubblicato online il 14 maggio 2021 dalla rivista «Digital Journalism».
L’esaurimento da bad news
Alla base di questa news avoidance, ossia evitamento delle notizie, evidenziato dagli studiosi soprattutto tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 34 anni, sembra ci sia una sorta di esaurimento di tipo cognitivo ed emotivo. Causato da cosa? Gli intervistati hanno affermato che si sono allontanati da una notizia, quando quest’ultima era «troppo». In altre parole: quando l’effetto negativo prodotto era più di quanto loro potessero gestire, addirittura tollerare.
L’articolo offre un quadro completo e articolato delle ragioni e delle pratiche dell’elusione delle notizie in diversi contesti socioculturali. Ed è importante notare come queste ragioni non siano solo individuali, come si potrebbe credere, ma anche legate a una particolare persona di cui si parla nelle notizie, a un certo periodo di tempo o a un determinato corso di eventi che spinge la gente ad allontanarsi dall’informazione.
Per fortuna, quest’interruzione dalle news non è permanente, proprio perché è correlata a fattori contestuali e ad aspetti specifici delle notizie, principalmente al loro carattere negativo.
Siamo ciò che leggiamo
In prevalenza, le notizie con cui abbiamo a che fare quotidianamente sono ansiogene. Trattano di conflitti politici, disastri economici, problemi sociali, gravi incidenti, come attacchi terroristici e catastrofi naturali, omicidi, truffe, rapine. Il darsela a gambe dalle notizie, dunque, è del tutto comprensibile: l’elusione è frutto di una delusione, ossia di un profondo disagio morale causato da un’informazione contraria alle proprie aspettative. E si manifesta, non solo con stanchezza, ma anche con emozioni e sentimenti come paura, angoscia, preoccupazione, tristezza, disgusto, senso di impotenza.
Poiché diventiamo la dieta mediatica che seguiamo (1), questo schivare le notizie come le pozzanghere ha molto a che fare, secondo i ricercatori, con l’autoprotezione. Con il nostro desiderio di risparmiarci un intenso stress mentale e una forte tensione emotiva. Beh, difficile darci torto.
Il bisogno di una narrazione costruttiva
Si potrebbe pensare che la gente abbia bisogno di ricevere buone notizie per stare bene. Non è proprio così. Come ci ha insegnato Martin Seligman, il padre del movimento della Psicologia Positiva (2), le persone hanno bisogno di un’informazione costruttiva e orientata alle soluzioni dei problemi. Di un approccio giornalistico che vada al di là delle buone o delle cattive notizie per restituire la realtà – anche e soprattutto quella negativa – con elementi di speranza, incoraggiamento e prospettiva sul futuro. Non conta, dunque, il contenuto della notizia, ma il modo in cui viene narrata. È questo che fa la differenza in termini di impatto sulle persone.
Il giornalismo costruttivo, promosso in Italia dal Constructive Network e dalla testata indipendente «News48», propone proprio un genere di narrazione che vuole dare fiducia ai lettori. In sé stessi, anzitutto, nella loro possibilità di fare qualcosa per rendere il mondo più abitabile e felice. E poi nei media, come alleati per la costruzione di una realtà più ricca di promesse per tutti noi e degna di essere vissuta.
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Jodie Jackson, You are what you read: Why changing your media diet can change the world, Unbound, London, 2019.
- Martin E.P. Seligman, Fai fiorire la tua vita. Una nuova, rivoluzionaria visione della felicità e del benessere, tr. it. di F. Giardini, Anteprima Edizioni, Torino, 2017.
Crediti fotografici
Foto di TheDigitalArtist da Pixabay.