Francesca Ghezzani, la Momo dei media

Francesca Ghezzani conosce l’antica e difficile arte dell’ascolto. Fosse una psicologa o psicoterapeuta, non ci stupiremmo. Siccome fa la giornalista… abbiamo di che meravigliarci.
L’ho scelta come decima fiùtola di Amletica perché sa impollinare la sua comunicazione con una forte tensione etica. Per lei, infatti, porgere l’orecchio alle persone è un modo per informarsi sulla realtà, così da poterla abbracciare e condividere con il pubblico.
Mi ricorda Momo, la piccola protagonista del celebre romanzo di Michael Ende (1). Questa bambina è così potente e speciale perché sa ascoltare la gente come nessun altro. E lo fa in maniera talmente intensa, profonda e attenta che, sebbene lei non dia consigli, le persone che l’hanno interpellata per problemi o domande in cerca di risposta trovano dentro di loro la soluzione ai propri dubbi. Momo non fa nulla di straordinario, se ci pensate. Lei, semplicemente, ascolta. E si immedesima negli interlocutori con tutta se stessa.
Ecco: Francesca vi porta alla luce, quando conversate con lei. Ascolta attivamente e con dedizione, spogliandosi di sé come un lucente albero invernale, perché non si preoccupa di mettere al mondo la propria persona, ma la vostra. Ascolta con lo sguardo, il cuore e l’intelligenza. Ascolta in azzurro, come i suoi occhi: tersa e di cristallo. Ascolta facendo spazio, come in una giornata di vento: distilla e lucida le vostre parole. E ascolta, anche e soprattutto, ciò che non dite perché forse non lo avete ancora sentito o pensato, ma ce l’avete già dentro.
Chi è la Momo dei media
Francesca Ghezzani è una giornalista e autrice televisiva. Si è laureata in Scienze linguistiche e tecniche dell’informazione e della comunicazione con una tesi dal titolo L’informazione nel palinsesto della TV italiana e tedesca: analisi dei programmi di approfondimento. E ha conseguito la specializzazione in Tecniche di produzione nell’audiovisivo e nel multimediale.
Ha iniziato la professione giornalistica nel 2003, come autrice di programmi di approfondimento e redattrice per il Tg. Poi, alla passione per il giornalismo televisivo ha affiancato collaborazioni radiofoniche e con testate nazionali, con cui ha lavorato come freelance e, talvolta, anche nelle vesti di direttore responsabile. Parallelamente, ha collaborato con vari istituti, in qualità di docente di comunicazione e organizzazione di eventi e, da anni, è impeganta come addetta stampa per diverse realtà. Come vedete, una professionista completa, in grado di declinare la comunicazione su più di un aspetto.
Francesca, quando e perché hai deciso che comunicare sarebbe diventata la tua professione?
Guardandomi indietro e ripercorrendo a ritroso i miei primi quarant’anni – senza alcun riferimento bibliografico o filmico –, credo che la predisposizione verso la comunicazione affondi le radici già nella mia infanzia e nei miei giochi di bambina. Certo, allora gli strumenti e le forme di espressione erano altre, magari un saggio di danza organizzato dalla scuola che frequentavo o da me a casa per parenti e amici di famiglia, ma la necessità di comunicare c’è sempre stata nelle varie forme di espressione. Seguendo la mia natura, mi sono infatti laureata in Lingue e tecniche dell’informazione e della comunicazione, coniugando l’amore per altre culture e idiomi con la passione per il giornalismo e, da lì, ha preso strada la mia professione.
Se l’etica della comunicazione è riflettere sul proprio agire comunicativo, quali sono gli obiettivi che caratterizzano il tuo lavoro di giornalista?
Di getto mi viene da dire che il primo obiettivo è l’onestà intellettuale e morale nei contenuti e nel modo di esporli. Scrivo articoli e interviste per alcune testate, collaboro con una radio per un programma culturale e lavoro in televisione. Nel primo caso mi identifico con una firma, nel secondo con la voce, nel terzo ci metto letteralmente anche la faccia. Desidero ascoltare con umiltà per poi fare il punto, se penso di non aver bene compreso io per prima o temo che possano esserci fraintendimenti in chi ci segue. Invito al confronto, ma rifuggo il conflitto, voglio che chiunque abbia il diritto di essere informato e possa democraticamente costruirsi la propria opinione. Ciò genera empatia e apre il flusso di comunicazione, anche laddove i punti di vista siano diversi.
Fai parte del Constructive Network: a tuo parere, il giornalismo costruttivo e delle soluzioni quali valori può apportare all’informazione?
Può apportare quella fiducia andata persa: si deve reinstaurare un filo costruttivo che leghi chi comunica e chi ne fruisce, e nei fruitori inserisco a nostra volta anche noi addetti ai lavori. Un giornalismo gridato, colmo di contraddizioni, sensazionalista e che analizza solo i punti di rottura e raramente quelli di forza crea confusione, lo abbiamo visto più che mai in questo particolare periodo storico di pandemia. Se considerassimo solo i limiti senza prospettare soluzioni o solo le soluzioni senza ammettere i limiti, faremmo una informazione monca e fuorviante, non credibile in entrambi i casi esattamente per gli stessi motivi. Attenzione, non è il giornalismo delle buone notizie, proprio come non dobbiamo confondere i concetti di informazione, disinformazione e controinformazione.
Conduci due trasmissioni di attualità molto seguite su Well Tv, canale 810 di Sky: secondo quali criteri scegli i tuoi ospiti?
Sono due programmi per lo più eterogenei tra di loro. Fatti e storie da raccontare, come dice il nome stesso, è stato pensato per raccogliere vissuti, testimonianze da ascoltare e con cui confrontarsi che spaziano, per esempio, dall’ambito culturale al sociale, dall’attualità alla Giurisprudenza, dall’arte nelle sue varie forme al benessere. Versus, invece, si concentra maggiormente sul giornalismo divulgativo scientifico, sulla medicina e la sanità, la comunicazione, l’economia e il mondo del lavoro, l’ambiente. Questa linea editoriale fa sì che nel primo caso gli ospiti siano tanto professionisti quanto persone impegnate in un progetto, con una storia di cui vengo a conoscenza o che arriva in redazione e che merita di avere voce, nel secondo caso si tratta sempre di esperti in materia.
Sei una professionista molto capace: come costruisci una puntata in modo da coinvolgere il pubblico?
Intanto, grazie infinite per il complimento. Parto dalla ricerca di argomenti vari, che possano essere di utilità e di interesse per fasce di pubblico diverse per età, sesso, abitudini, competenze e professioni. È proprio tenendo conto di queste differenze che, seppure possa sembrare un controsenso, tento di abbattere gap di ogni natura. Cerco poi il professionista più adatto, spesso arriva direttamente dalla rete del Constructive Network, negli altri casi mi metto all’opera. Stabiliti insieme i dettagli logistici, di puntata in puntata mi documento sull’argomento da trattare e preparo una scaletta, che poi arriva in regia. A quel punto tutto è pronto, si accendono le luci, parte il countdown e per me è magia poter ascoltare, imparare e sentire il calore di chi ha scelto di seguirci.
Per conoscerla meglio
Se volete conoscere di più Francesca, vi lascio qualche link. Qui è stata intervistata da Rivistadonna.com, qui da Fatti Italiani e qui da Amabililettureblog.
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Michael Ende, Momo, Longanesi, Milano, 1984.
Crediti fotografici
Foto Archivio Francesca Ghezzani.