Fissare il proprio lessico morale: un esercizio di ricognizione
Non sarebbe appassionante redigere un nostro dizionario morale, in merito a come comunichiamo? Potremmo chiederci: quali sono i principi che mi permettono di raggiungere il bene?
Non siamo la Treccani, d’accordo, ma ciò non toglie che potremmo individuare i vocaboli che per noi esprimono una buona comunicazione e darne la nostra personale definizione. Magari aggiungendo anche qualche esempio concreto, per mostrare in quali situazioni ci sembra che quel termine prenda vita.
Eccoci al nostro decimo esercizio di etica della comunicazione (qui trovate il nono). Obiettivo: stabilire le parole-chiave del nostro agire comunicativo (non si sa mai che la coscienza abbia una propria SEO che indicizza i nostri atti in base alla loro adeguatezza etica…).
L’importanza di mettere a fuoco i valori
Come sostiene il filosofo Adriano Fabris:
Chi, all’interno di una dimensione comunicativa, agisce in maniera eticamente responsabile deve avere fin dall’inizio un’idea di che cosa sia “buono”. Solo così può decidere di comportarsi in un certo modo piuttosto che in un altro (1).
Fissare un lessico morale consente proprio di stabilire quali siano per noi le azioni comunicative moralmente apprezzate e come riconoscerle sia in noi stessi sia nelle altre persone.
Cosa vi serve
È un esercizio divertente, sebbene presupponga un momento di introspezione più o meno lungo. Ecco quanto vi occorre:
- Chi: voi e ciò che ritenete buono nell’attività comunicativa.
- Cosa: favorire l’emersione e la spiegazione dei criteri a cui vorreste uniformare la vostra comunicazione quotidiana.
- Quando: nel momento in cui desiderate rendervi conto dei parametri in base ai quali valutate moralmente appropriato un atto comunicativo.
- Dove: ovunque vi troviate, tranne quando siete sulla metropolitana all’ora di punta o allo stadio per il derby della vostra squadra del cuore.
- Quanto: il tempo che vi serve per svolgere l’esercizio con sufficiente completezza.
- Come: con carta e penna, anche se io vi consiglio di mettere il vostro lessico morale in un file, così da poterlo aggiornare ciclicamente con nuovi lemmi o modificare nella descrizione di alcuni.
- Perché: per sapere quali sono le stelle polari che vi fanno luce, mentre viaggiate nella notte oscura della comunicazione.
L’effetto è piacevole, perché state mettendo nero su bianco il vostro personale vocabolario. Forse ponendovi, per la prima volta, delle domande esplicite a livello consapevole e tentando, anche qui forse per la prima volta, di rinvenire la risposta che più vi soddisfa.
In che modo praticare l’esercizio?
Il fatto che quest’attività sia semplice, non significa che sia pure facile. Dovete cominciare, scrivendo la prima parola che vi viene in mente in relazione a una comunicazione buona, giusta o virtuosa. A questo punto, indicate che cosa rappresenta per voi e quali comportamenti si dovrebbero assumere per onorarla appieno.
È evidente che un lessico non può essere composto da un lemma soltanto… Pertanto, dovete fare lo sforzo di trovarne almeno una decina. Inseriteli in ordine alfabetico, anzitutto. Poi, cercate di non individuare soltanto quelli che si richiamano a qualità astratte, come verità, lealtà o benevolenza, ma anche quelli che fanno riferimento a oggetti, persone o situazioni concrete, tipo specchio, san Francesco d’Assisi o pic-nic.
C’è qualcosa da imparare?
Beh, sì. Attraverso questo esercizio, soprattutto se lo pratichiamo per un po’ di tempo, possiamo precisare sempre meglio i lemmi che “fotografano” la nostra idea di comunicazione moralmente qualificata. Di conseguenza, possiamo conoscerci più in profondità, interrogarci sui comportamenti che teniamo abitualmente e perfezionarci strada facendo.
Costruire il sistema linguistico che dà forma alle parole e locuzioni della nostra buona comunicazione è un incoraggiamento a prestare attenzione alla “lingua comunicativa” che adottiamo e, soprattutto, a come sia in nostro potere modificarla in meglio. Conoscere i lemmi e il loro significato, infatti, è l’atto preliminare per utilizzarli nella realtà.
Farsi il proprio lessico morale è una ricerca continua, che non ha mai fine. Assomiglia a quando ci impegniamo a imparare una lingua straniera o vogliamo parlare l’italiano come Carlo Emilio Gadda. È faticoso, lo sanno anche i miei studenti a cui chiedo ogni anno accademico di svolgere questo esercizio. Ma ricordiamoci del celebre detto attribuito a Socrate: una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta.
Mariagrazia Villa
Approfondimenti
- Adriano Fabris, Etica della comunicazione, Carocci Editore, Roma, 2014, p. 52.
Crediti fotografici
Foto di Andrea Piacquadio da Pexels.