Carlo Meneghetti: gioco, dunque insegno

Carlo Meneghetti: gioco, dunque insegno

Da bambini, avevate l’amico invisibile? Io, sì!! E vi dirò di più: il mio si è anche materializzato! È stato qualche anno fa, quando ho incontrato Carlo Meneghetti.

È il quarto protagonista delle Fiùtole di Amletica e si presenta come “esploratore di mondi possibili attraverso il gioco”. Ed è proprio così! Riesce a impollinare ogni tipo di comunicazione con la sua irresistibile voglia di giocare.

Carlo Meneghetti fa il ludo-strategist e plasma momenti ludici per aziende, scuole e organizzazioni. All’università IUSVE di Venezia e Verona, dove insegna Teologia della comunicazione, ammalia ogni studente con prospettive da lui definite “comunic-attive”.

Da quando lo conosco, la mia vita sorride molto di più. Ho trovato un compagno di giochi con cui progettare e sperimentare un nuovo modo di insegnare. Perché il gioco è un’attività seria (1) (2) e offre un’occasione di apprendimento complessa e coinvolgente, in grado di lasciare un segno negli studenti (3) (4).

Carlo, quando e perché hai iniziato a occuparti del gioco, come dimensione educativa e non solo ricreativa?

«La passione per il gioco è sempre stata presente nel mio quotidiano. L’infanzia, caratterizzata da innumerevoli momenti dedicati al mondo ludico, mi ha permesso di sperimentare e di apprendere giocando, giocando, giocando! Quando ho iniziato a fare l’animatore in parrocchia, ai centri estivi, in oratorio, ho scoperto e ri-scoperto come il gioco avesse molte potenzialità da valorizzare e da utilizzare.

A scuola, per esempio, nessuno dei miei studenti ha mai snobbato o sminuito i diversi intermezzi ludici. L’università, grazie alla pedagogia, mi ha permesso inoltre di approfondire questo affascinante universo e l’entrata nella scuola è stata un’altra creativa fucina per sperimentare i legami gioco-ambiente di apprendimento e anche momento di sosta-svago».

Se l’etica della comunicazione è riflettere sul nostro agire comunicativo, che cosa ci insegna il mondo del gioco in termini comunicativi?

«Ci insegna a incontrarci scambiando e, magari, cambiare interiormente. Attraverso il gioco si comunica, si plasmano legami che ci possono aiutare a scoprire e a scoprirci. Quante volte siamo riusciti a superare una barriera comunicativa giocando a briscola, a dama, a calcio, a pallavolo o a Dixit? Provate a pensare al vostro gioco ideale e a come questo vi abbia donato qualcosa in chiave comunicativa-relazionale-etica…

Quando osservi i giocatori si percepiscono i loro livelli di relazione iniziale e finale: il prima e il dopo non sono mai coincidenti. Il gioco ci dona un cambiamento, una piccola metamorfosi! Spesso si è troppo concentrati sulle frasi: “smetti di giocare” o “il gioco è cosa da bambini” per dimenticarci del suo immenso valore. Prenditi una pausa e vai a giocare! Mariagrazia, prometti che andrai a giocare anche tu?».

Sei ludo-strategist nelle scuole: perché il giocare può aiutare a studiare meglio?

«Come ti anticipavo, il gioco nella scuola, soprattutto nella scuola dell’infanzia e primaria, è sempre stato presente. Man mano che si sale di grado, sembra che l’attività ludica venga oppressa da qualche (inutile) tabù che porta a considerare l’ambiente di apprendimento come qualcosa non di serio ma di “serioso”. Riecheggiano spesso le due frasi di prima…

Durante questo particolare anno scolastico ho tenuto molti corsi di formazione (online) per docenti di ogni ordine e grado e ho testato come la formazione (anche) attraverso il gioco sia “una carta da giocare”! Hai presente quelle noiosissime formazioni dove il tuo cervello si oblia e ti trovi a pensare a quanto hai fatto al compleanno di prima media? Ecco… talvolta succede proprio questo. Il gioco, invece, ti porta ad apprendere in modo diverso grazie al coinvolgimento, alla narrazione, alla capacità di astrazione. Giocando si impara e questo tipo di apprendimento rimarrà perché “divergente” rispetto alla solita metodologia. Hai mai provato?».

Hai creato alcuni giochi da tavolo di successo: come nasce l’idea creativa e come verifichi che funzioni?

«Il mio primo figlio è Tautotì! Ti ricordi che sei stata tu a “fare da cavia” in piazza Anfiteatro a Lucca in un caldo pomeriggio di luglio? Tautotì è nato come prototipo dopo un corso di game design che ho svolto a Milano. Il compito assegnato per casa consisteva nel creare un nuovo prodotto ludico. Tra “trip mentali” e “viaggi immaginari” è scoccata la scintilla della correlazione lettera-immagine-tautogramma.

Il gioco consiste nel pescare una carta illustrata e poi una tesserina con una lettera dell’alfabeto. In un minuto di tempo il giocatore dovrà comporre una frase di senso compiuto avente più parole possibili con l’iniziale della lettera pescata (parole pensate per persone pensanti!). Oltre al momento di svago ci si può allenare con la lingua italiana e scoprire qualche nuova parola. Tu quella volta ci hai stracciati!!!

La verifica del gioco avviene attraverso l’osservazione. Solitamente mi metto da parte e segno su carta le dinamiche che avvengono tra le persone, il loro verbale, il loro non verbale, i punti di forza e i punti di debolezza. Ovviamente chiedo loro un feedback sull’esperienza. L’editore, poi, grazie alla sua competenza, affina il tutto e ti propone l’idea migliore e più idonea al mercato».

Hai scritto In gioco veritas, un libro dedicato al gioco che è, in sé stesso, un gioco: come il gaming potrebbe cambiare la scrittura e la lettura?

«Mi sono sempre perso quando ho sfogliato “libri da comporre”: in un certo senso diventi coautore di un nuovo mondo. I libri vanno “vissuti” con colori, segni, appunti. Che tristezza e che noia un libro immacolato! Nel panorama editoriale stanno crescendo i “libri esperienziali” che ti permettono di soffermarti sul testo in modo diverso. Il gioco potrebbe di certo aiutare in questo: se dopo un capitolo, mi trovassi un cruciverba come ripasso? Un acrostico? Un anagramma? Molto probabilmente la lettura potrebbe prendere “cammini inaspettati”.

In gioco veritas è nato soprattutto per far giocare il lettore, si possono trovare esperienze di chi vive il mondo del gioco, le voci del Lucca Comics, la creatività di autori e comunicatori che arricchiscono di continuo questo mondo. Il libro è da tagliare, personalizzare, incollare, giocare.

Non mi resta che lasciarti con questo gioco: abbina a ciascuna lettera una parola che ti evoca il mondo del

G:

I:

O:

C:

O:

Buon gioco!».

Mariagrazia Villa


Approfondimenti

(1) Johan Huizinga, Homo Ludens, Milano, Einaudi Editore, 2002.

(2) Roger Caillois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, Milano, Bompiani, 2007.

(3) Catherine Garvey, Il gioco. L’attività ludica come apprendimento, Roma, Armando Editore, 2009.

(4) Andrea Ligabue, Didattica ludica. Competenze in gioco, Trento, Erickson, 2020.

Crediti fotografici

Foto di proprietà di Carlo Meneghetti.